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2021 | IL PROCESSO GENERA STRUTTURE. Le strutture da sole non generano processo

E. T. Gendlin, Ph.D.

Traduzione di Maria Teresa Belgenio

ABSTRACT
In questo articolo mi riferisco a quanto ho già scritto (vedi la sezione “Philosophy” in www.focusing.org) con una discussione molto concisa. Il modo in cui il processo produce struttura viene discusso in quattro sezioni.


I. Il processo crea struttura e può modificarla e espanderla. Il processo ha sempre molte possibilità implicite che non sono strutture. Si esamina con precisione in che modo esiste qualcosa di implicito. Un processo implica e crea eventi successivi.

II. Uno dei modi in cui gli esseri umani producono cose è formando prima parti stabili separate, poi disposte tutte insieme. Perciò è facile considerare ciò che è naturale come se consistesse di parti fisse. Ma la maggior parte degli esseri viventi non lo fa così. Rigenera continuamente le sue parti. Sono due modi differenti di fare qualcosa. Insieme alle parti separabili giunge il genere di “spazio” e “tempo” solitamente assunto. Questo genere copre il processo implicito così che la maggior parte dell’esperienza sembra impossibile.

III. Mostro come l’implicito è più preciso con più relazioni di quelle che può fornire una struttura esplicita. L’implicito interconnette [interrelates] innumerevoli possibilità che sono precise e incompiute [unfinished] poiché implicano anche oltre. Implicano quella sequenza di eventi successivi che possono “esplicare” la precisione generativa. Ciò che accade realmente esplica l’implicare. Ciascuna esplicazione porta con sé un nuovo implicare ulteriore.

IV. Sembra che i risultati della scienza smentiscano il nostro esperire [experiencing], e viceversa. Anche se appaiono differenti, si può pensare con la precisione logica e anche con la precisione esperienziale, poiché hanno una relazione intrinseca.

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I. Il PROCESSO GENERA E RIGENERA LE SUE STRUTTURE
Quando una parte del cervello è danneggiata, spesso la sua funzione può essere svolta da altre parti che di solito non la eseguono. Sappiamo che questo tipo di cambiamento è possibile perché lo vediamo accadere, ma per spiegare come sia possibile, la scienza deve aggiungere un concetto di genere nuovo.

Non solo in casi speciali, ma anche in molte situazioni ordinarie, come funzioniamo crea o modifica le strutture. Il pensare comune genera cellule cerebrali e nuove connessioni. Lo stress continuo genera cambiamenti fisici. Gli effetti psicosomatici risultano sorprendenti solo quando si assumono strutture somatiche normalmente indipendenti dallo “psichico”. Ma non sono due fatti, piuttosto il processo che genera e rigenera strutture.

Se pensano soltanto di assumere un farmaco, i pazienti migliorano nel 40% dei casi. Il 60% migliora con il farmaco. Il concetto di “placebo” divide totalmente lo “psichico” dal “somatico”, come se non ci fosse nulla di organismico. Possiamo riconoscere e studiare l’emergere del processo di guarigione che si manifesta dall’interno del corpo. Occorre studiare quel processo, dato che in definitiva da esso dipendono tutti gli interventi medici.

Questi apparenti enigmi si presentano perchè non si può pensare il processo con i concetti correnti. Voglio mostrare che possiamo aggiungere un altro tipo di concetto.

Se esaminiamo soltanto la struttura, sembra impossibile che la sua funzione possa persistere quando la struttura si distrugge. Non scompare anche la funzione? L’enigma si può spiegare (e farne oggetto di ricerca) se consideriamo che tutta la struttura si genera in modo continuativo. Le strutture vengono generate sempre da un processo implicito molto più ampio dell’organismo. Non esiste mai solo quello che è già strutturato, c’è, sempre anche, il processo con moltissime possibilità che sono implicite.

Introduco l’”implicito”.

Ecco un esempio da un processo umano familiare: considerate come parlate di solito. Quando siete pronti a dire qualcosa, lo dite in poche frasi. Ma se gli altri vi invitano a continuare, oppure se pensate di più da soli, “esso” può espandersi senza sosta. Poi risulta che esso (quello che eravate pronti a dire) aveva molti fattori e aspetti. Parte di ciò che emerge vi sorprende. Quel tutto esisteva già quando eravate pronti a parlare? Sicuramente no, e tuttavia in qualche modo era lì. Il modo incompleto [incomplete] in cui era lì è ciò che io chiamo “implicito”.

Vediamo in che modo tutto quello esisteva nella vostra disponibilità a parlare. Quei vari aspetti e sviluppi non erano strutture separate. Lì non c’erano strutture nascoste, in attesa. In quanto strutture sono nuove. Si sono sviluppate quando avete continuato. Tuttavia non sono proprio nuove. Non sono solo nuove erano già strutturate. Questo “né-né” porta a un concetto nuovo: l’”implicito” consiste di una pluralità di possibilità non separate [unseparated] che operano tutte per mettere in atto quella particolare frase seguente che dite realmente.

Cosa fate per far arrivare le parole? Continuate a percepire ciò che eravate pronti a dire e aprite la bocca. Le parole escono. Non avevate già le parole per quello che volevate dire. Le avevate in modo corporeo. La prontezza a parlare è un implicare [implying]. Implica qualcosa che viene dopo. Se glielo permettete produrrà frasi reali. Parlare è uno dei modi dell’”esplicare” [esplicating]. Eventi reali possono esplicare l’implicito.

Si, l’intera sequenza che seguirà è implicata dall’inizio, ma l’implicare è molto di più delle strutture completate [finished], e porta se stesso oltre quando mette in scena quell’evento strutturato seguente, e poi un altro e un altro. Ciò che è implicito esplica se stesso nell’attuare ciò ha luogo realmente.

Quando perdete la traccia di qualcosa che siete pronti a dire, non potete fare a meno di riconoscerlo, poiché da quel momento non riuscirete più a parlare o a pensare. Ma a volte c’è un’altra difficoltà. Cerchiamo di parlare da quello, ma ciò che diciamo non ha successo. Non lo apre e non lo porta avanti. L’implicito è molto preciso e sollecita in modo esigente. Potete dire e pensare molto per anni, sapendo al tempo stesso che non state toccando ciò che è implicato. Se ci fossero soltanto strutture questo costituirebbe un enigma: avreste solo ciò che state pensando. Come potete sapere che non è quello che è implicato, dato che non sapete che cosa è implicato? Eppure osserviamo che spesso abbiamo un disagio ostinato verso quello che possiamo dire. Abbiamo direttamente un implicare insoddisfatto.

Parlare è solo uno degli esempi. Molti altri potrebbero venire in mente a voi. L‘implicito è del tutto familiare a chiunque. Oggi La parola “implicito” viene usata spesso, ma secondo il significato più diffuso sembra un paradosso, “c’era e non c’era ancora”. Il paradosso si apre se ampliamo ciò che intendiamo con “era” e “è” o “esiste”. Ciò che esiste non è soltanto strutture, non solo strutture oppure nulla. C’”è” sempre anche l’implicare. Ma ovviamente, modificare il nostro concetto riguardo all’esistere non è una mossa di poco conto.

I concetti di “implicito” e di “esplicare” possono chiarire la nostra comprensione della maggior parte degli eventi. Ogni cosa che facciamo e diciamo esplica l’implicare che è più di quello che c’è in quanto strutture.

Qualcosa può essere del tutto familiare e ancora sconcertante. La parola “implicito” si riferisce a questo familiare ma enigmatico modo di avere ciò che vogliamo dire. Quando lo diciamo, “esso” si espande. Se lasciate che la parola “implicito” si riferisca direttamente a quella familiare disposizione a dire qualcosa, allora, man mano che andiamo avanti potete decidere se accettare o meno i concetti che presento. Se lasciate che una parola significhi quello, potreste anche pensare qualcos’altro oltre e meglio di ciò che sostengo io.

Ci tengo a sottolineare che possiamo consentire che le parole si riferiscano a “quello” che sperimentiamo. Anche se una parola porta un concetto, quella parola può riferirsi anche al modo familiare in cui “quello” è. Sono due differenti usi del linguaggio. Possiamo prendere ciò che c’è di buono in entrambi.

Il concetto di implicito non riguarda soltanto l’individuo; si applica anche agli avvenimenti compresa la storia. Gli eventi sociali esplicano eventi sociali precedenti. Gli eventi successivi separano e mettono in rilievo caratteristiche che gli eventi antecedenti avevano implicato. Vediamo soltanto ora parte di ciò che l’evento “era”. Gli eventi ulteriori esplicano i precedenti.

Gli eventi reali portano i nuovi implicare, ma questi in un certo modo sono in continuità con ciò che è già successo. Qual è la “parte” nuova? Non possiamo dividere la parte nuova dalla vecchia poiché nelle esplicazioni le parti (unità, strutture) non sono né solo vecchie né solo nuove. E ciascuna porta un ulteriore fresco implicare. Questa continuità la chiamo “portare avanti” [carrying forward].

Ogni avvenimento è strutturato e implica in modo fresco moltissimi eventi ulteriori che non sono strutturati.

Le nostre situazioni difficili diventano più promettenti se riconosciamo che gli eventi non sono mai soltanto quello che si è formato in modo esplicito. Se ci occupiamo degli eventi ritenendo che hanno molte più possibilità, e se comprendiamo che le possibilità possono emergere solo gradualmente come eventi reali che portano l’implicare nuovo, allora possiamo scoprire qualche passo che ora comincia qualcosa di nuovo.

In effetti ciò che succede è il processo dell’esplicare. Le innumerevoli possibilità implicite implicano la sequenza degli eventi successivi, ed essi implicano quell’evento seguente che può cambiare la sequenza.

II. DUE MODI DIFFERENTI DI COSTRUIRE QUALCOSA

Gli esseri umani sono ”homo faber”; realizziamo cose. Uno dei modi in cui lo facciamo consiste nel realizzare prima parti separate. Produciamo ciascuna parte come struttura indipendente. Una fabbrica non produce nient’altro che quella parte. Poi mettiamo le parti tutte insieme per costruire l’oggetto finale. Quindi tendiamo ad assumere che per natura ogni cosa sia fatta di parti separabili: mattoni bulloni e microchip. Assumiamo che anche gli esseri viventi (noi compresi) consistono di parti separabili: gambe e dita, pelle e ossa. Pensiamo agli animali in termini di “sistemi” separati: il sistema digestivo e riproduttivo. Separiamo nervi e cellule. Troviamo “fabbriche” chimiche che producono proteine.

Ma gli esseri viventi non costruiscono in questo modo. Non formano la pelle o le proteine separatamente, in modo isolato dal processo dell’intero organismo. La “fabbrica” che produce quelle proteine non le produce prima isolatamente. Un essere vivente continuamente rifà se stesso e le sue “parti”in modo fresco. La fabbrica viene rigenerata costantemente in modo fresco. Perciò quelle proteine mantengono implicitamente la possibilità di ottenere molte mutevoli caratteristiche, molte di più di quelle che le proteine hanno separatamente. Sono implicate in modo più preciso e esistono in modi più specifici di quelli che si suppone avvengano nelle parti separabili e nelle particelle che i nostri concetti correnti raffigurano.

Di una macchina costruiamo prima le parti. Non l’avviamo finché non mettiamo insieme le parti. Ma quando un essere vivente costruisce le sue parti, è già “avviato” [turned on], per esempio nell’embrione. E le ricostruisce sempre. Questo differente genere di fare è difficile da capire, ma in realtà è più “naturale” del fare e combinare parti separabili.

Sembra che gli esseri viventi ripetano “le stesse” forme e pattern per milioni di anni, ma ogni “stesso” è anche nuovo e differente. Sembra che abbiamo “gli stessi” organi e le stesse cellule, ma i medici ci dicono che “ogni corpo è differente”. Non si può predire esattamente in che modo quelle parti che si suppone siano le “stesse” risponderanno ad un particolare farmaco. Il medico deve occuparsi del corpo vivo e delle sue “parti” vive, ma secondo le assunzioni correnti siamo fatti di strutture inanimate completamente strutturate. E’ un errore analogo a quello dell’affermare che “il corpo” è ciò che lasciamo alla fine della vita. No, quello sarà un corpo morto; questo è un corpo vivo, impegnato nell’implicare e nell’esplicare, che porta ulteriore implicare.

I corpi viventi consistono di interazioni corpo-ambiente in continuo sviluppo, non di strutture prima separate che dopo anche interagiscono con il loro ambiente.

I concetti delle strutture sono utili e insostituibili. La conoscenza di qualcosa prodotta da una parte ci consente di intervenire per migliorarla o ristabilirla. Sarebbe sciocco denigrare la scienza (E scriverlo su un computer?). Ogni pattern strutturato che dà affidabilità rimanendo lo “stesso” per un certo tempo, è prezioso e di valore incalcolabile. Tuttavia le patologie classificate secondo il punto di vista medico nel corpo non sono unità separate. Quel genere di concetto non può includere come qualsiasi cosa è implicitamente. Un processo implicitamente intricato genera non solo quel pattern ma anche molto di più.

Stiamo ponendo a confronto due tipi di fare. Esaminiamo ora più da vicino il modo degli esseri umani. Come produciamo le cose con parti separate? Lo facciamo con i pattern.1 Imponiamo un pattern su cose che non lo hanno da se stesse. Costruiamo mobili spostando i pattern sul legno. Il legno ha un’organizzazione molto più intricata, ma non ha il pattern dell’arredamento. Realizziamo anche pattern scientifici delle caratteristiche del legno, delle sue molecole e particelle. A partire dal nostro progetto trasferiamo il pattern sulle cose. I nostri pattern rimangono gli stessi quando li applichiamo e li spostiamo. Sembra (sembra solamente) che operiamo in uno spazio che non influenza i pattern. Perciò è evidente che lo spazio sembra vuoto eccetto che per gli oggetti che contiene.

Le molte “stesse cose” costruite in una fabbrica sono contraddistinte soltanto dal fatto che questa è qui, laddove quelle altre sono lì e lì. Ciò che distingue l’una dalle altre sono le posizioni. Questa particella qui è quella che prima stava laggiù. Le posizioni dipendono da qualche osservatore che collega un “qui” a un “laggiù”. Le posizioni non sono in relazione l’una all’altra. Deve metterle in relazione il “là” di colui che percepisce a partire dal “qui”.

I pattern che usiamo non appartengono alle cose; sono i nostri pattern, ma realizzati in interazione con le cose. Li costruiamo in laboratorio agendo sui nostri strumenti con le cose, provando ogni tipo di azione finché ci imbattiamo in un’operazione che sempre (o quasi sempre) produce lo stesso risultato. I risultati sono realmente possibilità delle cose, ma in risposta a noi (vedi Gendlin, 1997b). Nell’antichità le cose avrebbero avuto queste stesse risposte, ma solo se fossero stati applicati i nostri strumenti e i nostri pattern. Sui nostri pattern le cose mostrano di più di quello che altrimenti avrebbero avuto, ma soltanto ciò che concorda con i nostri pattern attuali. Ciò che consideriamo come loro pattern sono i loro sui nostri.

Sebbene i pattern scientifici correnti siano di molti tipi, per lo più assumono strutture da sole, nulla di implicito. Ma soltanto parte di quello che sperimentiamo può essere inatto su un pattern.2 Secondo i concetti scientifici attuali molto di come viviamo è impossibile. E secondo questo vecchio modello ancora onnipresente, è parimenti impossibile una questione importante che si verifica nella fisica moderna.

Molti concetti correnti assumono che con ciò che “è” o “esiste” si intende ciò che riempie il “vuoto” dello spazio qui-là. Tale idea di spazio deriva dal fatto che rendiamo le cose suddivisibili. La separabilità E’ proprio questo spazio: ogni cosa esterna a ogni altra. Si supponeva che ciascuna parte o particella rimanesse identica a se stessa, e esterna alle altre. Ma lo spazio non è vuoto e semplicemente relativo a una posizione, fino a che non lo rendiamo tale passando al di sopra [by riding over] di quello che è lì.

Ora occorre dimostrare come questo schema delle posizioni di spazio e tempo copre le differenze reali. C’è uno spazio e tempo riempito che deve essere ridotto al minimo per formare il genere delle posizioni.

Le possibilità di azione di una persona (e di un animale) non si possono elencare ed enumerare separatamente. Sono molte di più. Sono organizzate anche in modo più intricato poiché una qualsiasi azione cambia il modo in cui possono verificarsi le altre possibilità. Un’azione è un “cluster” di cambiamenti nelle altre possibilità, e crea quelle nuove. Esse formano un grande “spazio” che è molto pieno. Una qualsiasi azione fa progredire l’intero “cluster”.

Il cluster mantiene gli eventi passati, ma li apre e li espande anche, poiché implica oltre. Il cluster ha un genere di continuità che non è riducibile alla logica delle stesse unità, ma non è completamente indeterminato, piuttosto è più preciso della deduzione logica. C’è un modo di costruire senso logico [making logical sense] ma con termini creati di nuovo, piuttosto che rimanere all’interno di un insieme antecedente di termini. Nel corso del tempo questo tipo di logica “induttiva“ ha reso perplessi i pensatori, poiché si è verificato spesso, ma non era ancora comprensibile. Si assumeva che la logica richiede un gruppo di concetti stabiliti in anticipo e mantenuti immutati da principio alla fine.

La logica non può determinare le unità che usa. E ciò che le parole significano non può essere stabilito esattamente all’interno di un gruppo fisso di unità. Innanzitutto le parole dicono qualcosa, dopo si può esaminare come sono state usate.

A partire dall’implicare-accadere-implicare i nuovi termini possono rendere il “senso organismico” poichè parlare è una componente della vita che progredisce, ossia una componente dell’interazione corpo-ambiente. Dalla formazione del senso organismico [organismic sense-making] possiamo generare unità nuove con le quali esplicare in modo logico ciò che è avvenuto. Ciò che può seguire logicamente è strettamente in relazione a ciò che potrebbe seguire nella reale interazione corpo-ambiente.

Il processo organismico dentro di noi continua anche se è nascosto dal sistema vuoto dei “punti” di localizzazione. Il cluster delle possibilità di azione non risulta veramente ridotto, ma soltanto ricoperto. Sembra che non siamo in grado di pensare a partire dall’implicito perché cerchiamo di renderlo adatto ai termini che abbiamo. Tentiamo di pensarlo in quanto oggetti strutturati nello spazio del “lì-da-qui”.

Nessuna teoria o filosofia (inclusa questa, naturalmente) renderà esplicito l’implicito. Tuttavia, in quanto esplicazioni possiamo lasciare che parole e azioni emergano da esso per portarlo avanti. Possiamo esplicare molte delle sue caratteristiche, un aspetto preciso dopo l’altro.

A favore dello spazio della localizzazione e delle strutture considerate da sole, consideriamo quanto siamo riusciti a raggiungere con parti e particelle! La nostra vasta tecnologia è in parte dovuta a questo tipo di concetti. D’altro canto, consideriamo come la fisica ha già dovuto rifiutare quello spazio e le sue “stesse” parti. Le parti non rimangono le stesse. La fisica attuale usa soltanto operazioni e matematica. E quale matematica! Una matematica legata proprio alle operazioni. La fisica procede oltre il
vecchio modello facendo del tutto a meno dei concetti esplicativi. Il “campo quantico” è indeterminato fino a che non vengono sviluppate le equazioni per pronosticare i risultati delle operazioni. La maggior parte delle altre scienze, compresa la neurologia, usa ancora concetti che presuppongono il vecchio modello.

Al tempo accade uno svuotamento simile. Viene ridotto ad una sequenza di semplici punti temporali. Ogni momento sembra sia lo stesso di ogni altro, distinto soltanto da una posizione su una linea temporale. Ma il passato non è solo l’accadere in una posizione precedente. Si consideri l’ampio numero di fattori che ora non stanno intervenendo dal passato ma stanno dando forma a ciò che accade ora perchè si sarebbe svolto in modo differente se essi non fossero accaduti. Funzionano ora, ma operano implicitamente, non come strutture che esistono. Gli effetti del passato possono sembrare imprecisi, ma possiamo ricostruire la precisione. Possiamo identificare molti fattori e catene causali, tuttavia essi non producono i loro effetti separatamente come elenco di “fattori”. La loro funzione implicita è precisa nel produrre proprio questo singolo accadimento che possiamo esplicare in termini sempre nuovi e più numerosi.

Il tempo semplice delle posizioni ricopre il fatto che ogni momento è un cluster differente che genera nuove possibilità che possono essere portate avanti. Possiamo osservare questo nel processo umano, per esempio, l’ombra di questo istante sulla parete, il gioco della luce sugli alberi, come sento i muscoli nei fianchi, e come la parte restante della mia giornata e della mia vita è implicata da qui.

Vediamo quale modello alternativo deriva dall’esplicare, e perché l’implicito ha più possibilità dei pattern delle strutture considerate da sole.

III. L’ORDINE E LA PRECISIONE DELL’IMPLICARE

Molti proclamano “l’olismo”. Sostengono che l’organismo completo è uno. Questo è vero. Il processo dell’implicare è di tutto l’organismo, ma secondo i concetti correnti questo è considerato “indeterminato”, un amalgama fuso. Nel modello tradizionale “determinato” significa strutturato e separato. Quindi l’implicito sembra indeterminato. Ma in realtà l’implicare è determinato in modo più specifico e determinante, poiché è la risultante di molto di più di quanto possono fornire le strutture. Di questo genere di “più determinato” ne ho mostrato diffusamente l’origine [I have derivated] altrove, tuttavia ne parlerò qui in modo assai breve.

Le possibilità implicite influiscono in modo interattivo [interaffect] le une sulle altre. Ciò che ciascuna E’ comprende come essa influisce sulle altre ed è già influenzata dal fatto che le influenza. Ognuna diventa più precisa perché viene resa precisa dalle altre. La “loro” interazione è primaria [interaction first], prima che ci siano “esse” separabili. Questa maggiore precisione le rende incompiute [unfinished] in quanto strutture. Ognuna implica il prossimo evento e la serie degli eventi seguenti.

Qualsiasi possibilità che si verifica realmente, cambia come sono possibili le altre. Per esempio, se lanciamo la palla non possiamo più correre tenendola in mano oppure calciarla; se lessiamo le uova non possiamo più mescolarle o farle in camicia. Tali possibilità rimangono sempre specifiche; mescolare e fare in camicia non si uniscono. Il cluster delle possibilità implicite implica un’azione seguente. E quell’azione porterà il cluster avanti.

Uno qualunque dei modi in cui agisco viene già reso preciso dalle altre azioni possibili. Sollevo la tazza di caffè in modo tale che non possa succedere che io tocchi la parte che scotta, e quindi che sarebbe possibile un travaso, e così ho il controllo di quanto la inclino e anche di quanto poco versare, non troppo in fretta. Questi altri comportamenti hanno già contribuito a determinare quest’azione in corso del sollevare la tazza di caffè. Molte altre possibili azioni partecipano sempre nella formazione di ciò che faccio realmente. Ogni azione in realtà porta avanti un intero cluster di possibilità d’azione che si influenzano interattivamente. Molte possibilità implicite modellano l’avvenimento successivo.

Per esempio, una qualunque delle varie mosse degli scacchi deve rendere del tutto impossibile le promettenti possibilità dell’avversario e anche aprire a nuove possibili mosse da parte nostra. Naturalmente il gioco degli scacchi è limitato da regole, ma è un buon esempio di come una mossa realmente porta avanti un intero cluster di precise possibilità. Non sono fuse o indeterminate. Non si può giocare agli scacchi senza precise possibilità. Esse rimangono specifiche e separate in questo senso più intricato di “separate”. Chi gioca prova la mossa rintracciando tante possibilità quante il tempo permette, ma la nuova mossa viene in mente prima direttamente dall’intricatezza implicita del cluster delle possibilità implicate tutte in una volta. (Vedi Gendlin, in press).

I molti eventi che sono avvenuti vengono conservati, ma in un modo più intricato: ora funzionano sia come erano sia in un implicare ulteriore. (Vedi “pyramiding” nel capitolo VI di Gendlin 1997a). L’intricatezza implicita non consiste di strutture che sono solo lì, solo oggetti). L’intricatezza implicita è l’implicare attivo, che genera e ri-genera strutture.

Siamo giunti alla tesi principale di questo articolo. Il processo genera strutture. La generazione non viene fatta dalle strutture da sole. Possiamo passare a un nuovo modello per ciò che “esiste” o “è”. Lo delineo molto semplicemente con quattro termini.

  1. Intricatezza implicita;
  2. Implicare e mettere in scena la sequenza degli eventi seguenti;
  3. Interazione precisa che è precedente alle cose separate (per esempio l’interazione corpo-ambiente);
  4. Implicare implica la sequenza di eventi seguenti, ma porta l’implicare ulteriore.

Qui mancano i dettagli del modello e, naturalmente, in questo articolo non posso dirne di più. Per la versione completa vedi il mio “A Process Model” (Gendlin, 1997a).

IV. LA RELAZIONE INTRINSECA DELLA SCIENZA E DELL’IMPLICITO

I concetti delle scienze cambiano dopo pochi anni. Ciò che la scienza ci dice oggi è differente verso da quello che ha detto quaranta anni fa. E fra quarant’anni negherà molto di ciò che sostiene oggi. Valutiamo le sue raccomandazioni per la nostra salute, ma sappiamo che ben presto saranno differenti.

Al tempo di Kant e di Hegel la scienza era la meccanica. Scrivevano che la natura è un sistema meccanico. Quando ero giovane si diceva che tutto era chimica. Mi è stato detto di pensare a me come a equazioni chimiche. Oggi si ritiene che siamo strutture neurologiche, ciò che fanno i neuroni.

Col tempo sembrerà che noi e la natura saremo ancora qualcos’altro. Naturalmente non “siamo” nulla di tutto ciò. Quindi, vediamo chiaramente la natura implicita della natura, e la nostra natura implicita.

Non siamo soltanto la sequenza delle esplicazioni. Siamo l’implicare generativo e l’esplicare. Gli eventi sono l’esplicare [an explicating].

Le esplicazioni, però, non si limitano solo a cambiare. Il cambiamento è sviluppo, ma i tentativi di renderne conto non mostrano alcuna continuità deduttiva poiché aprono a nuove aree e portano a termini sempre più nuovi (Fodor, 1974). Tuttavia le esplicazioni possono durare molte decadi e dare origine a molti risultati che vengono assorbiti soltanto gradualmente. Nel processo corpo-ambiente possono aver luogo grandi cambiamenti.3

Come penseremo a partire da quì? Invece che delle strutture da sole, i nostri concetti possono essere di processi che generano strutture.4

Possiamo impiegare l’implicito anche nel processo del pensare. Pensare diventa più sistematico se pensiamo con la logica e anche con l’implicito. Pensare in questo modo richiede la nuova comprensione di come sono connessi tra loro.

In realtà il pensare abituale è già costituito da entrambi. Pensieri e parole (e azioni) possono giungerci dalla conoscenza esplicita e dall’experiencing implicito.

Qualunque chiarezza è entrambi. L’”aha!” prodotto dalla modalità logica in cui qualcosa si presenta davanti a noi è il suo effetto sulla comprensione di cui abbiamo fatto esperienza. La chiarezza (notiamo) è sempre l’effetto implicito fresco portato dall’esplicazione. Chiarezza è entrambe, le strutture e anche la comprensione sentita [felt understanding].

Possiamo pensare in modo sistematico utilizzandole a turno. Possiamo proseguire dove ci porta solo la logica. Possiamo anche fermarci per riferirci direttamente all’intricatezza implicita (“tutto quello”) che ogni volta può emergere in modo fresco a partire da qualsiasi parola o concetto e in qualsiasi situazione. Dopo possiamo vedere che cosa quello implica e dove porta.5

Si tratta di due modi differenti di procedere. Prima possiamo lasciare che ciascuna prosegua finchè può, mantenendole entrambe senza ignorarle, impedendo che si limitino o si ostacolino a vicenda.

Dopo possiamo vedere come ciascuna può sviluppare l’altra.

Con la logica portiamo avanti le implicazioni a partire da termini fissi. La logica da sola può giungere dove nient’altro può arrivare. I computer ci portano a nuove conclusioni e a nuovi territori che non potremmo raggiungere in nessun altro modo. Ma da lì (o da qualsiasi altro luogo) emerge l’implicito fresco e avvia il modo per proseguire oltre, al di
là dei computer e della logica da sola. Esiste una relazione reciproca tra il calcolo logico e l’implicito. Ciascuno può continuare dove l’altro si ferma. Se prima li lasciamo lavorare a turno, ciascuno amplia ciò che ha fatto l’altro.

C’è una ragione intrinseca per la quale le due modalità possono proseguire
reciprocamente. Le unità logiche sono esplicazioni. Le unità logiche sono interazioni corpo-ambiente che sono state portate avanti. A partire da quel portare avanti dell’organismo possono essere generate unità nuove. Perciò ciascuna è inerentemente l’implicito portare avanti dell’altra.

Se cadiamo nell’errore di pensare che siamo meccanica, chimica o strutture
neurologiche nello spazio del lì-da-qui, allora ci considereremo oggetti. Esisteremo in quanto esperienza di un osservatore. Nagel (1986) ha posto il dilemma: ha affermato “Sono il mio cervello”, ma questo mi rende un oggetto, e non solo il mio oggetto o i tuoi, quanto piuttosto un oggetto visto da chissà dove. Ha chiamato la scienza moderna “il punto di vista da chissà dove” [the view from nowhere]. Il dilemma di Nagel ci porta a concludere che non possiamo essere solo oggetti.

Tale dilemma ancora attuale si origina dall’assunto che ciò che “esiste” consiste solamente di ciò che riempie lo spazio. E’ per questo che gli esseri umani e qualsiasi altra cosa sembrano essere semplici oggetti.

La nostra soluzione è la nuova comprensione di come “sono” le cose, non soltanto oggetti, ma anche processi che stanno generando le loro strutture. Nulla è solo oggetti. Non esiste nessun oggetto da solo. Essi sono l’intricatezza implicita che implica la sequenza degli eventi in cui ciascun evento seguente porta l’implicare fresco.

Non lotteremo per capire il nuovo modello con i concetti che ancora presuppongono il modello vecchio. Invece dell’impossibile compito di situare il processo implicito dell’esplicare nell’universo delle strutture, iniziamo in quel processo più intricato, e cogliamo le strutture all’interno del più ampio processo di esplicare l’implicito [implicit-explicating process].

RIFERIMENTI

  • The Focusing Institute. Thinking at the edge. https://focusing.org/felt-sense/thinking-edge-tae
  • Fodor, J. (1974). Special sciences and the disunity of science as a working hypothesis. Synthese,28, 77-115.
  • Gallagher, S. (2005). How the body shapes the mind. Oxford: Oxford University Press.
  • Gendlin, E. T. (1997a). A process model. New York: The Focusing Institute. A slightly corrected version is available at: http://www.focusing.org/process.html.
  • Gendlin, E. T. (1997b). The responsive order: A new empirism. Man and World, 30 (3), 383-411. http://previous.focusing.org/gendlin/docs/gol_2157.html
  • Gendlin, E. T. (2009). What first and third person processes really are. Journal of Consciousness Studies. 16, No. 10-12, 332-62. http://previous.focusing.org/gendlin/pdf/gendlin_what_first_and_third_person_processes_really_are.pdf
  • Gendlin, E. T. (in press). Implicit precision. In Z. Radman (Ed.) Knowing without thinking: Mind, action, cognition and the phenomenon of the background. Basingstoke: Palgrave Macmillan (forthcoming). http://previous.focusing.org/gendlin/pdf/gendlin_implicit_precision.pdf
  • Nagel, T. (1986). The view from nowhere. Oxford: Oxford University Press.
  • Stuart, S. A. J. (in press). Enkinaesthesia: the essential sensuous background for co-agency. In Z. Radman (Ed.) Knowing without thinking: Mind, action, cognition and the phenomenon of the background. Basingstoke: Palgrave Macmillan (forthcoming).

NOTE

  1. La coscienza (sensazione) si presenta nel comportamento animale. Non consiste solo di percetti; essi vengono generati quando avvengono e generano un tipo di tempo più intricato (Gendlin 1997a, Capitolo IV-B), non solo posizioni temporali che seguono l’una dopo l’altra. La capacità cognitiva degli esseri umani che usa pattern trasferibili deve essere distinta dal (e derivata da) comportamento animale. (Vedi capitoli VI e VII-A di Gendlin 1997a). Il linguaggio e la simbolizzazione non sono del tutto arbitrari o convenzionali, come se non fossero generati dall’interazione organismica corpo-ambiente che viene prima dello sviluppo della percezione e della cognizione.
  2. A volte il fatto che la scienza non ha trovato qualcosa viene frainteso come se fosse un risultato scientifico. Ma è noto che è sempre facile non-trovare anche un fatto conosciuto se si usano strumenti che non sono in grado di registrarlo. (“L’ipotesi nulla non può essere dimostrata”).
  3. Per esempio, sembrava si fosse giunti a una definizione completa delle molecole dell’acqua. Di recente è risultato che l’acqua ha molte caratteristiche in quanto a variabilità di cristallizzazione. Molti fattori possono influenzare l’acqua in modi prima sconosciuti. Ciò aprirà anche a nuove branche della medicina, dato che l’acqua è un costituente importante degli esseri viventi.
    Sono stati scoperti molti nuovi effetti in altre sostanze. Ora la “scienza dei materiali” si occupa delle nuove proprietà fondamentali di molte sostanze, con risultati importanti per l’utilizzo nell’ingegneria. L’intricatezza implicita non consiste solo di qualche variabile in più. Essa apre a vaste aree che cambiano le rilevanze e i fattori conosciuti. Ciò è vero anche per il parlare. Al di là dei significati standard che qualcuno sembra dire, l’ascolto riflessivo [reflective listening] rivela l’intricatezza implicita con molti differenti significati e rilevanze.
  4. Gallagher (2005) propone il concetto di “transmodality” che connette le cinque modalità sensoriali molto prima dello sviluppo delle strutture neurologiche che le collegano. (Vedi la mia spiegazione in Gendlin 2009).
    Stuart (in press) definisce “enkinaesthesia”, il processo corporeo di indagine attiva con risposte ambientali. C’è anche molta attività in corso in matematica, nelle misurazioni, nel calcolo quantistico e nella scienza delle nanotecnologie che punta in questa direzione, e ha bisogno di un nuovo modello.
  5. Per la formazione del concetto è stato sviluppato un metodo particolareggiato di quattordici passi. Vedi TAE (Thinking at the Edge): http://www.focusing.org/tae_steps.html.

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* Testo originale: “PROCESS GENERATES STRUCTURES. Structures Alone Don’t Generate Process”, The Folio, 2012, pp. 3-13. http://previous.focusing.org/folio/Vol23No12012/01_Gendlin_FocusingResearch.pdf

** Gendlin (1997a) è stato pubblicato: Gendlin, E.T. (2018). A Process Model. Northwestern University Press, Evanston, Illinois, 2018.

*** La traduzione in italiano dei primi nove passi del metodo TAE-Thinking at the Edge, “Pensare al Margine” è disponibile: https://focusing.org/sites/default/files/upload/2021-01/tae-Italian-1-9.pdf