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IL FOCUSING E LO SVILUPPO DELLA CREATIVITA’

Eugene T. Gendlin, Ph.D., University of Chicago

Traduzione di Maria Teresa Belgenio

E’ risaputo che la creatività dipende dalla disponibilità a lasciar andare i modi consueti e comuni di vedere qualsiasi cosa, spesso definita disposizione a “tollerare l’ambiguità”. Ma una visione della creatività di questo tipo è solo negativa. Dice cosa non fare: non rimanere rigidamente aggrappati ai soliti punti di vista; non sentirsi a disagio senza una direzione chiara. Benissimo. Ma a questo punto, se non faccio quello, allora cosa faccio, invece?

Il termine “ambiguità” ha accezione negativa. Vuol dire “non definito”. Se non penso nel solito modo, poi all’inizio non ho niente di chiaro. Per la maggior parte della gente ciò vuol dire non avere proprio nulla. Con il “focusing” si scopre che si può rivolgere la propria attenzione con una modalità specifica, quasi a un luogo preciso – così che poi si ha parecchio, e qualcosa di molto concreto. Ma questo è un modo di prestare attenzione che la gran parte delle persone ignorano. Per descriverlo è stato necessario coniare alcuni termini nuovi che non si possono definire per primi perchè implicano questa modalità sconosciuta di prestare attenzione.

Nel “focusing” si presta attenzione al “felt sense”. Questo termine non significa ciò che di solito si intende con “sentimento” [feeling], nè le emozioni o le reazioni personali di rabbia, gioia o altro. Un felt sense è il modo globale fisico di fare esperienza di qualcosa. Ad esempio, considera una situazione per te problematica. Puoi avere in mente diversi modi di gestirla, ma anche qualche reazione contraria a ognuno. Potresti affrontare la situazione parlandone approfonditamente e probabilmente non faresti altro che girarci intorno, continuando a pensarci e ripensarci. Invece, fare focusing sarebbe come segue.

Dirigeresti l’attenzione al tuo corpo, nell’area mediana del petto e addome. Ti renderesti conto di come ti senti lì. Forse (supponiamo) abbastanza a tuo agio. Nessun mal di stomaco né senso di fame, solo un’amichevole sensazione di nessun disagio. A questo punto, soffermeresti l’attenzione lì, e penseresti alla situazione. Potresti dirti (per fare una prima prova): “Riguardo a questa faccenda sto benissimo”. Poi aspetteresti qualche istante. Scopriresti che subentra un senso molto distinto di scomodità. E’ la tua sensazione della situazione nel suo insieme non ancora risolta.

Ovviamente, se avessi provato a indovinare ti saresti reso conto per tempo che in effetti, non ti senti completamente a tuo agio per la situazione. Ovviamente, no. Non è risolta. Non c’era bisogno di mettere in pratica la procedura del focusing per scoprire che la cosa non ti fa stare bene. Lo sapevi già. Ma il suggerimento del focusing (il minuscolo segmento sopraggiunto nell’esempio di prima) ti ha messo in contatto diretto con il modo in cui il tuo corpo interpreta la situazione. Nella nostra ricerca abbiamo scoperto che a partire da questo felt sense corporeo si possono far derivare ulteriori passi per un pensiero nuovo, che non sono possibili in alcun altro modo. Non riusciresti, semplicemente a partire da ciò che pensi e che sai della situazione, ad arrivare a questi nuovi passi.

Ogni situazione, ogni difficoltà o attività o decisione, qualsiasi cosa, ha moltissime sfaccettature. Non si tratta soltanto di ciò che ne diciamo. Ritornando all’esempio precedente, potresti parlare di vari modi di gestire la situazione con i loro pro e contro. Descriveresti la situazione e gli antefatti, ciò che si è innescato. Potresti parlare degli scopi che vuoi raggiungere. Potresti scrivere un’analisi abbastanza lunga. Ci sarebbe molto di più di quanto riesci a pensare tutto in una volta sola. Anche in questo modo tralasceresti migliaia e migliaia di sfaccettature della situazione che non hai mai separato l’una dall’altra e a cui non hai mai dato un nome, e mai farai. Il felt sense le include tutte insieme.

La sensazione di scomodità si forma nuovamente nel tuo corpo quando pensi alla situazione mentre si sta ancora verificando al tuo interno. Esistono passi specifici per consentire che si formi. Se, ad esempio, ti sei sentito nervoso o preoccupato o in qualche altro modo, c’è una maniera per superare questi sentimenti particolari in modo che il felt sense possa prendere forma. Il felt sense ha una qualità globale, è l’impressione del corpo della situazione nella sua totalità, non di uno o di un altro aspetto. Quando il felt sense si forma, potresti chiamarlo “disagio” o “fastidioso” o “irrisolto”, o con qualche altra parola che ne descrive la qualità – ma in breve tempo noterai che è molto più di quello. E’ il senso dell’intera complessità della situazione.

C’è una seconda scoperta. Un felt sense ha bisogno di avanzare. Possiede una direzione. Con determinati passi specifici che possiamo insegnare, si scopre che il felt sense avanza di un passo. Questo fatto viene sperimentato come un moto intimo. Non è eccessivo dire che si avverte una sorta di sollecitazione che rilascia e dà sollievo fisico. Ma può essere anche un segno fisico molto lieve e con l’esercizio si può apprendere a percepirlo in maniera inequivocabile anche se è tenue. E poi insieme con questo allentamento fisico si apre la strada verso qualcosa e ottieni un passo che riguarda il problema.
Ma una prima fase di questo tipo potrebbe non essere risolutiva. Potrebbe non arrivare neanche un’idea. In apparenza potrebbe essere soltanto qualche aspetto meno importante, o qualche modo che non conoscevi di percepire il problema. Il focusing consiste di una serie di passi di questo tipo. Ben presto tutto il problema appare diverso e quindi anche ciò che puoi ideare è molto nuovo.

Ci sono istruzioni precise su come utilizzare il felt sense in modo che sia più probabile che esso avanzi verso il suo passo seguente. Le istruzioni dettagliate sono state pubblicate (Focusing, E.T. Gendlin, Ph.D., Everest House, 1978, Bantam 1981).[*] Con l’insegnamento continuo e le molte applicazioni le nostre modalità di precisare queste istruzioni e di sviluppare modi specifici per superare difficoltà tipiche si perfezionano costantemente.
In questo articolo mi occupo solo di far conoscere il metodo in generale. Sebbene comprenda sei “movimenti” specifici e istruzioni molto esatte, le idee di base sono solo due: il felt sense che è la versione del corpo di una situazione nel suo insieme; il felt shift che è una sorta di sollecitazione che presenta un’apertura, il movimento verso il passo seguente tramite lo stesso felt sense.
Ciò che sorprende del felt shift è che c’è davvero un passo successivo, reso disponibile dal corpo.

Tenuto conto dell’ampia gamma delle informazioni, degli aspetti della situazione e di tutto ciò che vi partecipa, si potrebbe pensare che un felt sense presenti moltissimi elementi di queste informazioni. E’ possibile. Ma quello che è ancora più utile, è che un felt sense è una sorta di sintesi, che assomma una pluralità di componenti, che giunge a un risultato particolare, a un preciso passo successivo. Se quel passo successivo viene accolto, assimilato in modo che ne venga esperita pienamente la differenza prodotta, (ci vuole circa un minuto), allora il felt sense della situazione nel suo insieme è di nuovo diverso e può sopraggiungere un ulteriore cambiamento.
Supponi di dover addestrare un nuovo assistente. Affinchè collabori, dovresti esporre la situazione in parole. Dovresti spiegare e definire, esaminare molti fatti che conosci della situazione. Dovresti anche dirgli del contesto. Dovresti ricordare come questo tipo di situazione è stata gestita solitamente. Dovresti assegnargli degli obiettivi e il motivo per preferirli. Dovresti segnalare cosa generalmente va storto e come occuparsene, e così via! Il tuo corpo sa tutto questo e ti sostiene quando lavori al problema. Non devi ripassare tutto in parole. Il modo in cui il corpo ha una qualunque situazione racchiude ogni cosa significativa che la riguarda.

Purtroppo, quando la maggior parte della gente pensa a un problema non si avvale di questa importante risorsa corporea. Le persone pensano una cosa o due e poi un’altra cosa o due. La mente può trattare solo uno o due aspetti per volta. Così si gira in tondo da una serie di pensieri a un’altra, e non si ha mai il vantaggio della totalità di ciò che il corpo conosce.

Ma questa conoscenza di natura fisica [bodily knowing] non è semplicemente lì, in attesa. Deve prima prendere forma. All’inizio potresti avvertire solo impazienza, o preoccupazione per la situazione. E’ vero che se si forma il felt sense dell’insieme, la sua prima qualità potrebbe anche essere “preoccupazione” o “impazienza”. Eppure c’è una differenza netta. La tua preoccupazione consiste soltanto di “ciò che accadrà se non riuscirai a gestirla?” Il felt sense – per quanto anch’esso potrebbe essere chiamato preoccupazione – sarà la tua sensazione del problema nella sua interezza, non solo di ciò che accadrà se non te ne occupi. Quando l’impressione somatica [felt sense] si risolve in un cambiamento fisico [felt shift] scoprirai che quello che hai chiamato “preoccupazione” questa volta ha a che fare esattamente con ciò che è necessario in quella stessa situazione, o con qualche aspetto della situazione di cui occorre tener conto.
ll felt sense è differente anche dai nostri sentimenti familiari. E’ ampio. Con il solo fatto di percepirlo, spesso si ottiene un sospiro di sollievo: “Si, è così che si sente tutta la faccenda, proprio così . . .”

Quindi il felt sense è molto diverso dalle reazioni personali. E’ di e per un’attività, questa situazione, questo problema. Ad esempio, immaginiamo che tu ed io siamo in competizione. Chi di noi ottiene per primo una buona risposta vince. Supponi che io ti parli di cosa ho pensato finora – allora, potresti percepire come sto arrivando alla soluzione, anche se non vuoi. Ottieni un felt sense del problema e puoi avvertire una sollecitazione in risposta alla mia idea, anche se personalmente ti auguri che la mia sia una cosa che non vale nulla. Ma naturalmente, con i nostri modi abituali di lavorare e pensare, solo di rado puoi percepire un’attività di questo tipo che indica una direzione.

E’ probabile che le persone creative abbiano sempre usato questo approccio. Ciò che è davvero nuovo del focusing è la specificità con cui possiamo descrivere i passaggi tipici del processo e insegnarli.
Ripensando al modo consueto di descrivere la creatività, possiamo vedere che ciò che si è sempre inteso con “ambiguità” è il felt sense. Solo che nessuno ha stabilito i passi per otterne uno, e poi per utilizzarlo.
Il felt sense è ambiguo per un unico aspetto: non si sa cos’è, non si sa cosa contiene. Naturalmente si sa molto del problema o della situazione, ma il felt sense, è un insieme vago.

Un felt sense è molto concreto e si trova lì in modo inconfondibile, e la sua qualità è sempre esattamente quella che è – la qualità proprio di questa particolare situazione come è vissuta nel corpo. Sulle prime le si può attribuire più di nome ma i dettagli che ne derivano afferiscono tutti a questa situazione, a questo problema unico, a questa attività.

Finora non ci è stato detto dove dirigere la nostra attenzione e cosa fare esattamente, per essere creativi. E coloro che hanno tentato di descrivere cosa fanno non l’hanno esplicitato nei dettagli. Ma la creatività sarebbe davvero avvolta nel mistero, se fosse semplicemente l’impatto, dal nulla, di idee nuove.

Da dove derivano? Dove si presentano i pensieri? Se fai attenzione a qualunque pensiero, scoprirai che hai parole e immagini, e, proprio adesso, anche il senso del loro significato per te. Constaterai che questo significato è molto di più di ciò che le parole significano da sole. Anche tutto il contesto e le esperienze pregresse sono là, nel tuo senso di ciò che hai detto. Solo a partire da questa più ricca soggiacente complessità che possiedi possono presentarsi nuove idee rilevanti. Ma c’è una via corporea, tramite passi molto specifici, con cui puoi consentire che prenda forma, come una totalità, in modo molto concreto, così che puoi prestarvi attenzione e operare insieme con essa, piuttosto che lasciarla fugace e silente come fa la maggior parte della gente. E’ di questo che tratta il focusing.

©Eugene T. Gendlin

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Testo originale:
Gendlin, E.T. (1981). “Focusing and the development of creativity”. The Focusing Folio, 1(1), 13-16. Da: http://previous.focusing.org/gendlin/docs/gol_2062.html

[*] Tradotto in diciassette lingue, è stato pubblicato in italiano nel 2001: Eugene T. Gendlin. Focusing. Interrogare il corpo per cambiare la psiche. Casa Editrice Astrolabio-Ubalbini.
Dello stesso autore: Il Focusing in psicoterapia. Introduzione al metodo esperienziale. Casa Editrice Astrolabio-Ubalbini, 2010. (Titolo originale: Focusing-Oriented Psychotherapy. A Manual of Experiential Method. The Guilford Press, New York, London, 1996).