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“Tre fasi di Focusing: un esempio attraverso il caso di un ragazzo di dieci anni” di James R. Iberg, Ph.D.

Traduzione di Maria Teresa Belgenio

Abstract
Vengono descritte e brevemente discusse dal punto di vista teorico tre fasi di focusing che si osservano di frequente in un’ora di psicoterapia. Le fasi sono identificate a seconda che la metafora del parto indichi la “gravidanza”, il “travaglio” e la “nascita”. Per illustrare le tre fasi
viene descritto il processo di focusing di un ragazzo dieci anni. Questo esempio concreto delle fasi del focusing è discusso anche riguardo alle differenti forme di funzionamento implicito che sono coinvolte in ciascuna fase.

In generale in psicoterapia (diversamente dalla situazione in cui il focusing viene insegnato o guidato) si osserva il fenomeno della focalizzazione nel suo svolgersi naturale, senza guida. In questa forma, ho distinto tre tappe della focalizzazione che ricorrono di frequente all’interno di una sessione (Iberg, 1979, 1981, 1999; Hess, 1994). La metafora guida è quella della
gravidanza, del travaglio e del parto.

In una sessione di psicoterapia sembra che le persone, quasi sempre, impieghino molto tempo prima di tutto in una fase di “narrazione”, parlando di situazioni ed eventi che hanno avuto un significato emotivo importante per loro. Per questa fase scelgo il termine gravida [pregnant]
per connotare due cose: 1) La persona è stata impregnata di significati e ingravidata da affetti, il che comporta trasportare un carico insolito che viene sperimentato allo stesso tempo sia come “la madre” stessa che non, e 2) il fatto che a questo punto del processo una comprensione chiara e piena dei motivi dei suoi cambiamenti fisici, e la forma in cui probabilmente arriverà il rilascio, sono nascoste nelle sensazioni corporee della persona così come il bambino è nascosto nel corpo gravido della madre.

Durante questa fase, spesso l’emozione non è per nulla presente, oppure se ne parla piuttosto che sperimentarla direttamente, o a volte viene sentita come un intruso indesiderato: può essere là, ma non è sentita con attenzione amichevole. Il passaggio alla fase seguente implica
il ricercare un posto confortevole, o almeno sicuro nel quale essere a contatto con le emozioni con un’attitudine di amichevole curiosità.

La seconda fase inizia quando sopraggiunge un’esperienza dell’emozione più diretta e solida, che implica due cose: 1) un’attenzione alle impressioni corporee e alle manifestazioni di sentimenti, e 2) una curiosità e ricettività cognitiva verso questo sviluppo esperienziale. Per questa fase ho scelto il termine partoriente [parturient], che vuol dire “essere in travaglio”, per connotare il modo in cui, una volta che questa fase inizia, c’è un processo in atto che culminerà nel parto di una nuova auto-comprensione e in un sollievo corporeo. Fedele all’analogia della fase del travaglio del parto è anche il fatto che la fase partoriente spesso implica il cedere a una temporanea intensificazione dei sentimenti, che erano sperimentati
meno direttamente o in modo oppositivo o semplicemente che non si erano formati nella fase gravida. In generale, questa fase ha luogo in passaggi rapidi molto più brevi di quelli della fase gravida. Un modo in cui la metafora della nascita non corrisponde al processo di focusing è che non è a senso unico, come invece è il parto – nel focusing, si può partorire, e poi ritornare per un po’ alla fase gravida, piuttosto che progredire direttamente alla terza fase, che ho chiamato “nascente”[nascent].

La fase nascente si verifica quando un insight o una nuova prospettiva accompagna un cambiamento in meglio nell’esperienza corporea dell’emozione. Il termine “nascente” connota due cose: 1) la nascita del “bambino” – ora più distinto dalla “madre”, accompagnata da un sollievo, e 2) il fatto che le sensazioni e i pensieri della persona sono maggiormente disponibili che mai per nuove connessioni e associazioni come pure per fare proprie opportunità interattive di cui non ci si può avvantaggiare nella fase gravida.

Le fasi corrispondono a tre condizioni, o stati, della relazione corpo-mente-ambiente della persona. La denominazione di “fasi” enfatizza il modo in cui queste condizioni possono modificarsi abbastanza velocemente, come tre parti di un processo che ha un inizio e una fine all’interno di un’ora di psicoterapia o di focusing e ascolto. Chi sta focalizzando si rende facilmente conto di queste diverse condizioni. Tuttavia le differenze tra le fasi si riferiscono a complesse differenze nel modo in cui funzionano i significati impliciti della persona: e questo è molto di più di quanto il focalizzatore normalmente noti. In questo senso, molto di ciò che viene descritto e che cambia nel passaggio da una fase alla successiva è “inconscio”, e il buon
esito del processo di focusing cambia l’intera persona – conscio e “inconscio”. Inoltre, al di fuori della terapia le persone possono trovarsi in una qualsiasi delle tre fasi, piuttosto che nel processo di muoversi da una fase alla successiva come nel corso della terapia. Cioè, si può vivere per un po’ di tempo nella condizione di ”gravidanza”, o trascorrere dei giorni in una condizione di “partoriente”, riguardo a certi problemi. In alcuni momenti fortunati, si può stare in una condizione “nascente” per un periodo di tempo più lungo almeno in relazione ad alcuni problemi che precedentemente riguardavano la condizione gravida o partoriente.

Quando le differenze nel funzionamento implicito che definiscono le fasi sono pensate in questo modo, per descrivere delle condizioni di più lunga durata mi sembra appropriato chiamarle “stati” più che fasi.

Le tre fasi (e gli stati) implicano non solo tre differenti stati soggettivi del corpo e della mente, ma anche tre tipi di interazione con l’ambiente, e tre differenti combinazioni di funzionamento cognitivo. In altre parole, il funzionamento del significato implicito (Gendlin, 1962) è diverso nei tre stati. La Tabella 1 elenca numerose caratteristiche di ciascuno stato per mettere in luce in che modo essi sono diversi (la tabella non elenca le caratteristiche degli stati in modo esauriente).

Un esempio delle tre fasi del processo di focusing.

James, un ragazzo di dieci anni, era scontento del rapporto che aveva con l’insegnante, la Signora G. Egli riferì che lo aveva accusato di aver mentito. Si sentiva a disagio per questa cosa poiché non le aveva detto cose che egli sapeva che non erano vere. Aveva rifiutato le offerte dei suoi genitori (che erano divorziati) di parlarne con l’insegnante.
La nostra discussione (alla presenza di sua madre) su questa situazione cominciò con James che esprimeva confusione sul perché qualcuno dovrebbe mentire. Mi sembrava che James fosse alla ricerca di qualcosa che avrebbe reso ragionevole l’accusa della Signora G. in generale, sebbene fosse ingiustificata nel suo caso particolare. Forse era l’espressione del suo desiderio di mantenere una percezione positiva della sua insegnante, il che sarebbe stato difficile se non ci fosse stata nessuna spiegazione ragionevole della sua accusa. Suggerii che una persona avrebbe potuto mentire se fosse stata molto spaventata del fatto che sarebbe accaduto qualcosa di brutto qualora avesse detto la verità. Immediatamente James riconobbe la plausibilità della cosa, e si ricordò di uno dei suoi amici che nell’anno scolastico precedente aveva mentito di frequente. James disse: “L’anno scorso Peter era molto spaventato”. James mi formulò la domanda concisamente: “Ma perché lei pensava che stavo mentendo?”. Dissi che non lo sapevo, ma che lui sembrava convinto che lei pensasse che lui l’aveva fatto. Gli chiesi come mai fosse così sicuro, che cosa fosse accaduto, proponendo che forse, se ci avessimo riflettuto, avremmo capito come aveva potuto avere quell’impressione.

La fase della condizione gravida

James descrisse due diversi episodi, che riporto così come me li raccontò. 1. Al termine della discussione di gruppo sul report di un libro, viene chiesto ai membri del gruppo chi vuole leggere il libro del quale era stato fatto il report, e il libro viene passato alla persona che mostra interesse. Dopo il report di David, nessuno alzò la mano per esprimere interesse. L’insegnante mandò David a fare una commissione fuori della classe, della qual cosa James disse che “non era il motivo reale” per cui lei aveva mandato David fuori della classe. Mentre David era fuori, l’insegnante parlò al resto del gruppo riguardo al fatto che nessuno aveva richiesto il libro di David. James alzò la mano e disse: “Non l’ho voluto perché ritengo sia un libro piuttosto noioso”. L’insegnante disse: “Perchè tu e Martin stavate prendendo in giro David?”. Quando James protestò che non lo stavano facendo, l’insegnante citò come evidenza il fatto che aveva visto James e Martin guardarsi a vicenda e ridere. James disse “no, che non era quello il motivo per cui stavano ridendo”. L’insegnante disse “Ma dai!” e lasciò cadere l’argomento. James era rimasto con l’impressione che ella pensava che lui stesse mentendo. La verità della questione era che Martin aveva espulso un flato, e che questo “era rimbalzato contro la sedia e aveva fatto un suono buffo” che li aveva divertiti. James mi disse che era sicuro che David non aveva pensato che loro due stavano ridendo di lui. 2. Dopo una gita ai giardini botanici, l’insegnante aveva dato a ogni studente una pianta da portare a casa. Aveva dato a ciascuno un sacchetto per proteggere la pianta dall’aria fredda all’esterno. Chiese loro di riportare a scuola il sacchetto il giorno seguente. James decise che non aveva bisogno del sacchetto, dal momento che suo padre sarebbe passato a prenderlo a scuola in macchina e che la pianta sarebbe stata fuori “per meno di dieci secondi, così che non avrebbe preso freddo”. Mise il sacchetto sullo scaffale dove erano stati impilati. Quando andò a scuola il giorno dopo, la Signora G. gli chiese del sacchetto. Le disse dove lo aveva riposto. Ella guardò lì e disse: “Bene, dove potrebbe essere andato?” James suppose che poteva averlo preso, uno dei custodi ed ella disse: ”Divento furiosa quando le persone mentono. Hai portato il sacchetto a casa? ” James disse “No”, ed ella si allontanò, dicendo “Sciocco”.

Dopo che James ebbe descritto queste situazioni, sua madre gli chiese di nuovo se preferiva che ne parlasse con l’insegnante. Ripetè di no, e che se avesse voluto che qualcuno lo facesse, avrebbe preferito che fosse stato suo padre, dal momento che aveva parlato con lui ogni qual volta era successo qualcosa del genere. Sua madre chiese se voleva dirlo lui a suo padre, e lui rispose: “No, invece voglio che tu e papà non siate coinvolti”. Dissi che mi sembrava che volesse gestire la cosa da solo, e lui confermò. Sua madre espresse la preoccupazione che da solo non avrebbe fatto nulla, ed egli confermò che era così. Gli chiesi per quale motivo non voleva che nessuno dei suoi genitori lo aiutasse. Egli rispose: “Non so perché”.

La fase della condizione partoriente

A questo punto, io dissi, “Tu non sai perché, ma puoi sentire che non vuoi che vengano, giusto?”. Egli disse, “Si”. Io dissi: “Cerca di trattenere l’attenzione su quella sensazione, e probabilmente essa ti dirà di più sul perche”. Cominciò a farlo, sedendo tranquillamente, con lo sguardo non rivolto a noi e a nulla di ciò che era nella stanza. Nello spazio di pochi minuti fu in lacrime. Dissi: “C’è qualche altra cosa che sta arrivando. Se stai con quel qualcosa per un po’ di tempo in più, lo capirai meglio”. Subito dopo, James disse: “Penso di essere spaventato!” e scesero molte altre lacrime. Gli dissi che ero interessato a sapere di più su ciò che lo spaventava, se avesse voluto dirmelo. Egli disse che avrebbe voluto parlarne, ma in seguito.

La fase della condizione nascente

Dopo quasi un minuto di silenzio, James disse, “Mi sento meglio. Sono più allegro!”. Dopo qualche minuto di conversazione su altri temi, James ricordò e riferì alcune delle attività di classe con le quali si divertiva con la Signora G. e ce le descrisse.

Nell’incontro seguente, James mi raccontò di più sulla sua sensazione di essere impaurito. Era spaventato del fatto che se i suoi genitori fossero andati a scuola, l’insegnante avrebbe potuto sostenere che lei non sapeva nulla degli episodi di cui aveva raccontato, e che i suoi genitori potevano cominciare a dubitare che avesse detto la verità. Disse che sarebbe stato terribile. Era triste che la sua insegnante pensava che fosse un bugiardo, ma sarebbe stato peggio se i suoi genitori si fossero fatti un’impressione negativa su di lui.

Una settimana più tardi mi raccontò che aveva deciso che sarebbe andato tutto bene se suo padre fosse andato a scuola per parlare con l’insegnante. Lo avevano fatto, e sebbene l’insegnante avesse espresso sorpresa e avesse detto di non ricordare di aver detto quelle cose, la conversazione era andata bene. A partire da quel momento, fra lui e la Signora G. le cose sono andate meglio, sebbene periodicamente sorgono altre difficoltà.

Commento

Ciò che ho appena descritto esprime abbastanza fedelmente il modo in cui è si è verificato l’effettivo dialogo tra James e me, e sua madre. Proseguirò commentando analiticamente le distinzioni tra le fasi. Per tale motivo, farò osservazioni da una prospettiva più ampia di quella dell’empatia per l’esperienza di James così come lui l’ha sperimentata. Credo che, per quanto questo tipo di commenti vada al di là della cornice soggettiva, non siano incompatibili.

Sebbene lo sviluppo pieno della fase nascente non si sia verificato nel primo incontro, questo è un esempio insolitamente chiaro delle tre fasi che avevo intenzione di illustrare, un esempio che rispetta la sequenzialità naturale in cui si sono succedute. Più spesso in psicoterapia vediamo una mescolanza della fase gravida e della fase partoriente, oppure un muoversi avanti e indietro tra queste due prima che arrivi la fase nascente.

Il livello di sviluppo di un ragazzo di dieci anni comporta un minor uso del ragionamento attraverso principi astratti e caratteristiche riflessive, di quello che vedremmo nella maggioranza degli adulti più istruiti. E’ probabile che una persona che si trovi già ad un livello di sviluppo della consapevolezza (Loevinger & Wessler, 1970) approcci spontaneamente questo tipo di problemi in modo più astratto e riflessivo. Tuttavia la riflessività da sola non basta per garantire un cambiamento stabile. Se la riflessività è per sua natura concettuale, coinvolta in modo profondo con i tratti riflessivi (“Questo accade poiché sono un introverso e ho problemi ad essere assertivo”) la persona può rimanere immobile nel solco di un’“orbita esplicativa”*explanatory orbit] (Gendlin, 1964) senza mai partorire (di conseguenza arresta il progresso verso la fase nascente). La natura meno astratta e concettuale del pensiero di questo ragazzo riduce al minimo gli effetti di offuscamento che a volte la verbalizzazione prolungata ha sul senso corporeo di cui le parole e l’emozione sono l’espressione.

Il livello di malfunzionamento, dovuto all’interazione dei significati impliciti di James con la situazione della classe, nello stato pregnante è stato minimo. Egli era capace di valutare correttamente il reale motivo per il quale l’insegnante aveva fatto uscire David dall’aula. Non c’è evidenza che il suo pensiero fosse modellato rigidamente dagli aspetti autoritari del ruolo dell’insegnante. Il fatto che era riuscito ad immaginare una spiegazione plausibile per la scomparsa del sacchetto di carta, indica un buon funzionamento implicito nella vita reale. Una persona con una storia di eventi simili meno fortunata (che si trova frequentemente in uno stato gravido nelle relazioni con le figure autoritarie) può precipitare nella colpa, nel dubbio su di sé e nella difensiva, invece che nell’immaginazione creativa. La sua immediata padronanza della mia spiegazione del perché si possa mentire era un’altra indicazione del buon funzionamento dei suoi significati impliciti. Un individuo i cui significati impliciti sono maggiormente in uno stato pregnante (Gendlin, 1964, li chiama “vincolati in una struttura”) [structure-bound] si sarebbe sentito più colpevole. In quel caso avrebbe potuto insistere che non era spaventato, o che la sua insegnante era meschina o che era lei la bugiarda, il che poteva gravare più pesantemente sull’abilità dell’ascoltatore di rimanere empatico e obiettivo. Ciò poteva innescare un circolo vizioso di interazione autodifensiva.

D’altra parte, c’è l’evidenza di un malfunzionamento. L’insight che era arrivato con la fase nascente suggerisce che nel pensiero di James c’era qualche preconcetto legato all’autorità: aveva sentito implicitamente che l’insegnante aveva il potere di cambiare l’immagine che i suoi genitori avevano di lui.

Dal punto di vista oggettivo l’affermazione che David sapeva che non stavano prendendosi gioco di lui poteva essere sbagliata e utilitaristica. Il fatto che i ricordi di qualità affettive compensative gli vennero in mente solo dopo che era entrato nella fase nascente indica che nella sua cognizione c’era un livello di preconcetto nella fase iniziale. La percezione dell’insegnante era centrata sugli aspetti problematici, e non su quelli più “allegri”. Naturalmente un tale preconcetto può essere per alcuni versi desiderabile: c’è bisogno di dirigere l’attenzione verso il problema per contribuire alla sua soluzione. Tuttavia se la tensione e gli affetti spiacevoli associati al problema vengono sperimentati come una sorta di campione rappresentativo della qualità dell’intera relazione, dal punto di vista personale evitare il problema o abbandonare il campo può essere più vantaggioso del rivolgersi al problema. In effetti la maggiore evidenza della fase gravida per James ha avuto proprio questa caratteristica. Egli inizialmente rifiutò l’aiuto dei genitori, sebbene avesse una storia di molte esperienze del loro interessamento e del loro amore. A causa dell’impressione corporea dell’intera questione, nonostante la sua esperienza, non riusciva ad avviarsi verso la direzione più “logica”.

Ma dopo che James ebbe la possibilità di raccontare l’intera storia e che essa era stata accettata e compresa dal suo ascoltatore (che non l’aveva messa in discussione o reinterpretata), egli iniziò a muoversi spontaneamente verso la fase partoriente. Sembrava che avesse poco bisogno di rivedere ulteriormente i fatti. A quel punto, quando gli chiesi come mai non voleva che i suoi genitori lo aiutassero, disse “Non lo so”. Ciò segnalava in modo diretto qualcosa di sentito, ma non ancora pienamente conosciuto. Successivamente suggerii la possibilità di prestare attenzione a questa sensazione anche se non sapeva di che cosa si trattasse. James sedette tranquillamente distogliendo lo sguardo dalle circostanze esterne e io aspettai che mi comunicasse qualcos’altro. Non appena manifestò un’emozione attraverso il volto, lo incoraggiai a continuare a prestare attenzione al senso corporeo. In questo caso non c’è stato bisogno di attendere molto tempo nella fase partoriente per progredire verso la fase nascente. Una volta che l’organismo si trova nella fase partoriente è molto efficiente nel trovare il modo per progredire maggiormente nello sviluppo. Quando [invece] un problema contiene un insieme più grande di significati impliciti, può richiedere un tempo più lungo per la fase partoriente, oppure numerosi zig-zag tra la condizione gravida e quella partoriente prima che si verifichi la nascita significativa.

Dopo che James arrivò alla condizione nascente, il problema non era risolto, né lui aveva trovato un modo per “conviverci”. Piuttosto, la sua iniziale riluttanza a consentire ai genitori di aiutarlo ad affrontare il problema con l’insegnante era cambiata, ed essi fecero dei passi senza i quali un miglioramento condiviso della situazione sarebbe stato meno probabile.

Lo spostamento allo stato nascente ebbe risultati positivi per James: 1) sperimentò un miglioramento nell’umore, 2) ottenne degli insight – realizzò che era spaventato, e in un secondo momento per quale motivo, 3) recuperò una percezione più equilibrata della sua esperienza con l’insegnante, e 4) si aprì per lui una direzione più interattiva della precedente verso la risoluzione. Fare esperienza di cambiamenti come questi come risultato del prendersi cura delle sensazioni significative corporee (associato alla rinuncia da parte del terapista a spiegare queste sensazioni) è un esempio del modo in cui le impressioni vaghe costituiscono un’importante risorsa personale. Le persone che si trovano ad un livello di sviluppo più alto, fanno affidamento su questa risorsa. Episodi ripetuti di questo tipo sono una buona base per lo sviluppo di tale fiducia.

Una caratteristica della differenza tra gli stati gravido e nascente ha un valore che va messo in rilievo. Ciò che (mentre era nella fase gravida) sembrava essere una “resistenza” all’offerta di aiuto dei suoi genitori, che poteva essere considerata l’evidenza di “intrattabilità” o di qualche altra caratterizzazione negativa di James, nello stato nascente, si rivelò essere il risultato di un “implicito evitamento a sostegno della vita” [positive life-maintaining avoidance] (Gendlin, 1968). Invece di denotare qualcosa contro i suoi genitori, si trattava di qualcosa a loro favore – egli desiderava evitare una situazione che poteva condurre a una diminuzione della sua posizione ai loro occhi. Una premura implicita come questa costituisce un’importante base per l’ulteriore sviluppo di modelli di comportamento socialmente desiderabili. Etichettarla in modo sbagliato, come qualcosa di indesiderabile, sarebbe stato infatti sfavorevole. Probabilmente il modo in cui una sollecitudine come questa viene etichettata dà forma all’insieme dei tratti riflessivi – l’immagine di sé – che la persona si ritrova più avanti nella vita: la cosa migliore da fare sarebbe aiutare gli individui a sviluppare la loro esperienza per mettere in rilievo dove emergono gli sforzi positivi di fondo, in modo che la persona possa essere descritta attraverso modi che supportino l’autostima.

Sommario

Nel caso qui riportato risultano evidenti gli ampi aspetti del funzionamento organismico che si modificano man mano che si procede attraverso le tre fasi della focalizzazione (come delineate nella Tabella 1).

Nella fase gravida James era preoccupato per l’idea che l’insegnante si era fatta di lui ed era bloccato nel ricevere l’aiuto dei suoi genitori (aspetti soggettivi). Le emozioni gli erano precluse: sapeva che non voleva essere aiutato, ma non ne conosceva il motivo (aspetto corporeo). L’interazione con l’ambiente era condizionata: accettare l’aiuto dalla sua fonte abituale era in conflitto con l’autotutela ed era indicativa di una scarsa comprensione empatica delle percezioni sull’insegnante. L’aspetto cognitivo predominante in questa fase era di tipo analitico: raccontava la sequenza degli eventi, e si impegnava a comprendere “perché si mente”, cercando una spiegazione logica.

Nella fase partoriente, James era capace di prestare attenzione a una vaga impressione interna del suo “non volere” che i genitori lo aiutassero, che rapidamente, con sua sorpresa, gli ha rivelato (il senso) “spaventato”. Le lacrime indicavano la delicata vulnerabilità, tipica della qualità corporea durante questa fase, e il modo silenzioso di prestare attenzione all’interno, è più un ritirarsi, una posizione più introvertita del modo di interagire “raccontando la storia” della fase pregnante. L’attività cognitiva della fase partoriente in questo esempio è sorprendentemente meno verbale che nella fase pregnante, e c’è poca evidenza del pensiero analitico. Piuttosto, c’è uno sforzo accurato di far corrispondere le parole con il sentire così com’è: “Credo di essere spaventato!”

Come spesso accade, la fase nascente arrivò con un sollievo prima dell’insight. James riferì di sentirsi meglio e più felice, e fu solamente nell’incontro successivo che condivise altri insight sul perché fosse spaventato. Il fatto che la sua esperienza corporea fosse più salda ed emotivamente aperta fu evidente alquanto immediatamente quando si ricordò delle belle esperienze avute con l’insegnante. Una settimana dopo parlò distintamente delle sensazioni che lo spaventavano, continuando a mostrare apertura alle esperienze corporee. I segnali che rivelavano che l’interazione con l’ambiente si era modificata, arrivarono una settimana ancora più tardi, non appena valutò di nuovo la situazione e sentì che poteva approfittare dell’aiuto dei suoi genitori e fece in modo di ottenerlo. L’attività cognitiva nella fase nascente appariva calma ed efficace, analitica ed accuratamente espressiva della sua esperienza corporea – non prevalentemente analitica nè prevalentemente espressiva, ma con una quota di entrambe le modalità.

In questo esempio si può vedere anche la differenza tra le fasi e gli stati, le fasi sono evidenti nel processo interattivo con il terapista, ma è chiaro che vi erano corrispondenti differenze di stato che duravano per periodi di tempo più lunghi. Prima di interpellarmi il problema c’era ed aveva infastidito James, e i suoi genitori ne avevano parlato con lui. La persistenza del problema, con le caratteristiche dello stato pregnante, fu il motivo per il quale fui consultato per aiutarlo con il focusing. Analogamente, la fase nascente, sebbene si fosse presentata già nella seduta iniziale di focusing, si sviluppò pienamente solo più tardi; i benefici della fase nascente stavano chiaramente lavorando e produssero effetti positivi per almeno due settimane, dimostrando che una persona può funzionare per un po’ in uno stato nascente in quanto risultato del progredire dalla fase pregnante alla fase partoriente fino a quella nascente in una sessione di focusing.

Riferimenti bibliografici

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Gendlin, E. T. (1964). A theory of personality change. In P. Worchel and D. Byrne (Eds.), Personality change. New York: Wiley.

Gendlin, E. T. (1968). The experiential response. In E. Hammer (Ed.). Use of interpretation in treatment. New York: Grune & Stratton.

Hess, Larry E. (1994). Phase of focusing and therapist and patient experiencing: Carl Rogers and Gloria. Illinois School of professional Psychology, Chicago, II.

Iberg, J. R. (1990) Ms. C’s focusing and cognitive functions, in Liater, G., Rombauts, J., Van Balen, R. (Eds.) Client-centered and experiential psychotherapy in the nineties. Leuven University Press: Leuven, Belgium.

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Loevinger, J. & Wessler, R. (1970). Measuring ego development, 1 & 2. San Francisco: JosseyBass.

PDF_J. R. IBERG_Tre fasi di Focusing un esempio attraverso il caso di un ragazzo di dieci anni

Testo originale http://previous.focusing.org/chfc/articles/en/iberg-tenyearoldboy.htm

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